La cannabis: droga leggera ?
a cura del Dott. Francesco Bungaro
In questi primi giorni di maggio 2019, per le strade di Milano sono comparsi i manifesti, che pubblicizzavano la “4.20 Hemp Fest – International Cannabis Expo”, la fiera internazionale della canapa con la famosa immagine della foglia di marijuana sovrapposta a quella sbiadita ed in secondo piano del Duomo di Milano, simbolo della città ma anche “domus orationis, casa di preghiera, centro liturgico dell’intera diocesi” come l’ha definito il cardinal Angelo Scola. Sotto, una scritta in evidenza: “Io non sono una droga”.
Gli organizzatori della fiera e gli estensori del manifesto facendo riferimento alla legge 242 del 2016 che ha consentito la produzione e la commercializzazione della cosiddetta “cannabis light”, che non deve superare il limite dello 0,2% di Tetraidrocannabinolo, alzato per i soli agricoltori, (poiché le infiorescenze possono superare il limite dello 0,2% sino allo 0,6% , per cause non imputabili a chi coltiva) hanno inteso evidenziare la minore pericolosità di questi prodotti a base di cannabis, sulla quale come diremo successivamente, ancora si discute.
Affermare che la cannabis non è una droga è un messaggio che porta molte persone ed in particolare giovani, a ritenere che consumare prodotti a base di questa sostanza equivale al consumo di un qualsiasi altro alimento o bevanda.
In merito a questa vicenda milanese, molti sono stati i commenti di dissenso tra le forze politiche ma in particolare riportiamo quelli “istituzionali” del sindaco Giuseppe Sala: “Il manifesto è sbagliato, odioso e pericoloso, perché un ragazzo giovane non distingue, vede una foglia di canapa e può arrivare a pensare che la marijuana sia legale” e della consigliera del Comune di Milano Alice Arienta che ha evidenziato : “la pubblicità ingannevole che sta accompagnando l’evento… perchè si tratta di un messaggio fuorviante con cui si vuole normalizzare il consumo di sostanze psicotrope” come riportato dal quotidiano la “Repubblica” (27 aprile 2017).
Non c’è alcun dubbio che si stia tentando di far passare un idea sbagliata ed equivoca cercando di affermare la convinzione che questa sostanza sia innocua, “edulcorando” una realtà che nasconde molte insidie, come spesso accade quando si vuole arrivare ad una legge di liberalizzazione.
E non è un caso se la fiera internazionale della canapa che si è svolta a Roma due mesi prima (Febbraio 2019) aveva come titolo “Canapa Mundi” che “faceva il verso” allo storico “Roma caput mundi” a evidenziare la “imperiale” invasione di questa sostanza.
Tutto questo contribuisce al cambiamento culturale già iniziato con la definizione ormai ripetuta in tutti i modi di “droga leggera” e con frasi rassicuranti come quelle che dicono che “uno spinello lo hanno fumato tutti e non fa male a nessuno” ed avviato con la grande facilità a procurarsi sostanze a base di cannabis , persino attraverso ordini in internet, mercato globale di ogni nostro desiderio.
Affermare che una droga è leggera o addirittura che non lo sia affatto , significa incentivare le persone a sottovalutarla ed a provarne il consumo. Il problema non è infatti solo sanitario, ma culturale ed educativo. Come possiamo promuovere fra i giovani corretti stili di vita e fare campagne contro il consumo di droga, se poi diciamo che in forma leggera, in piccole quantità, non fanno male?
Rispetto ad alcuni anni fa , vi sono molti cambiamenti come la concentrazione : in un campione di sostanza sequestrata nelle operazioni di polizia, la cannabis in foglie risulta avere una percentuale media di principio attivo pari a 10,8% con punte del 31% e se uno spinello negli anni ‘60 conteneva, in media, circa il 4% di Thc, oggi le varietà più diffuse possono arrivare a concentrazioni ben più elevate: si va da poco meno del 10% (5-8%) a oltre il 60% per le varietà più potenti presenti sul mercato. Negli Stati Uniti e in modo meno diffuso tra noi, si è arrivati a produrre un concentrato di cannabis che può raggiungere concentrazioni che vanno dal 70 al 90%.
Certamente occorre fare chiarezza su questo argomento, poiché si dice che la cannabis è curativa, o che si può acquistare nei negozi confondendone i “livelli” e determinando una confusione per le molte persone che non hanno approfondito questo tema.
In sintesi possiamo distinguere tre usi diversi della cannabis e dei suoi preparati, anche se gli usi si sono in realtà moltiplicati.
Il primo aspetto è quello classico legato al consumo individuale.
Sino ad alcuni anni fa, quando si parlava di cannabis, si pensava alle sue espressioni più comuni quindi alla marjuana col notissimo spinello( dove il Thc si aggira tra il 5 e l’8%) e all’ hashish.
In queste due espressioni (vedi scheda) ridotte all’essenziale si faceva riferimento al consumo individuale di questa droga .
Rammentiamo che dal punto di vista legale è consentito un uso personale ma non si può cedere ad altri, nemmeno gratuitamente poiché diventa un reato grave: lo spaccio di sostanze stupefacenti è un reato grave. Se si guida un’autovettura dopo aver consumato sostanze a base di cannabis si può incorrere in sanzioni amministrative, come ad esempio la sospensione o la revoca della patente.
È stato calcolato che il mercato della cannabis illegale vale in Italia circa quattro miliardi di euro ed è la sostanza più diffusa sia tra la popolazione adulta che tra i giovanissimi. Secondo i dati pubblicati dal bollettino annuale Emcdda (Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze), in Europa è consumata da 23,5 milioni di persone (il 7% della popolazione), di cui 17,1 milioni di giovani sotto i 34 anni.
In Italia la relazione annuale al Parlamento del 2017, a cura dal Dipartimento Politiche Antidroga sullo stato delle tossicodipendenze , ha evidenziato che circa un terzo della popolazione ne ha sperimentato gli effetti almeno una volta nel corso della propria vita, e nel 2016 oltre un quarto degli studenti delle scuole medie superiori ne ha fatto uso; di questi circa 90 mila studenti riferiscono un uso praticamente quotidiano.
Secondo i dati contenuti nella relazione dell’Antidroga, nel 2016 sono state sequestrate complessivamente oltre 24 tonnellate di hashish e 41,5 tonnellate di marijuana.
Pur non provocando morti da overdose, i ricoveri ospedalieri da imputare a questa sostanza rappresentano il 12% di quelli legati al consumo di droghe.
Il secondo aspetto è l’ utilizzo della cannabis a fini terapeutici.
Fino al 2006, l’utilizzo dei farmaci a base di cannabinoidi era permesso, ma, poiché nel territorio nazionale era vietata la coltivazione della canapa e la produzione dei medicinali da questa derivati, i preparati farmaceutici a base di cannabis venivano importati dall’ organismo olandese per la cannabis del Ministero olandese della Salute.
Nella seduta del 30 aprile 2014, il Governo ha accolto la richiesta di consentire allo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze di produrre farmaci con cannabis per i pazienti italiani.
La distribuzione di questi preparati è destinata alle farmacie, per l’allestimento di preparazioni a base di cannabis FM-2 ,contenente Thc 5% – 8% e Cbd ( cannabidolo) 7,5% – 12%, dietro presentazione di prescrizione medica non ripetibile. Dal luglio 2018 è disponibile anche la varietà Cannabis FM-1 (contenente Thc 13,0-20,0% e Cbd <1%).
La prescrizione di cannabis ad uso terapeutico in Italia , è prescritta dal medico solo quando i trattamenti convenzionali non danno risultati soddisfacenti o non sono più sufficienti a controllare i sintomi indotti da alcune patologie e riguarda l’impiego nel dolore cronico e in quello associato a patologie come la sclerosi multipla, le lesioni del midollo spinale, gli effetti collaterali causati da chemioterapia, radioterapia e terapie per l’Hiv; come stimolante dell’appetito in pazienti con disturbi alimentari o affetti da Aids; per l’effetto ipotensivo nel glaucoma; per la riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Tourette.
Il terzo aspetto è quello della cosiddetta “cannabis light” , di cui abbiamo parlato all’ inizio, che la legge, come già accennato, obbliga a contenere in una percentuale massima dello 0,6%.
Grazie a questa normativa sono in continuo aumento i punti vendita in tutta Italia che sono suddivisi con nomi inglesi a seconda di quello che vendono.
Grow shop sono definiti quelli con gli articoli per la coltivazione , head shop quelli con gli accessori per fumatori, seed shop quelli specializzati in semenze), hemp shop quelli con altri prodotti derivati dalla canapa industriale, quindi cosmetici, alimentari filtri per tisane, semi di canapa, perfino “bevande energetiche” o torte e tessili.
E’ un mercato in piena crescita basti pensare che nel giro di 5 anni sono aumentati di 10 volte i terreni coltivati a canapa (per vari usi): dai 400 ettari del 2013 ai quasi 4.000 stimati per il 2018, secondo le stime della Coldiretti.
E’ noto che anche se non è consentito fumare le inflorescenze della cannabis , facilmente si possono estrarre i semi dalle bustine e fumarli ed è naturale pensare che i rischi legati al consumo di questa “mariujana a basso dosaggio” sotto forma di alimenti e bevande commestibili siano correlati alla dose assunta e quindi dipenderà dalle quantità consumate l’ effetto su chi li assume , poiché in questo caso da “light” diventa “heavy” e quindi potenzialmente tossica soprattutto in relazione anche all’età del soggetto specie se adolescente . Gli esperti riferiscono che i ragazzi assemblano la “cannabis light” per arrivare ad avere gli effetti di uno spinello “tradizionale e rammentano che spesso gli stessi minori, riescono ad aggirare il divieto alla vendita, utilizzando le macchinette distributrici, utilizzabili anche in piena notte, con un documento di un maggiorenne “complice”.
In merito a queste considerazioni, il Consiglio Superiore di Sanità , a seguito di un parere richiesto dal segretariato generale del Ministero della Salute ritiene che (seduta del 10 aprile 2018) la pericolosità dei prodotti in cui viene indicata in etichetta la dizione di cannabis o cannabis light o cannabis leggera non può essere esclusa perché i prodotti derivati da questa sostanza (cannabis) anche se non sono presenti nelle forme misurabili del plasma (il dosaggio nel sangue) possono penetrare ed accumularsi nei tessuti cerebrali ed adiposi e ribadisce il fatto che non sia stato sufficientemente valutata l’azione in relazione all’ età, allo stato del soggetto , ad esempio in gravidanza (vedi scheda nel box) all’ uso contemporaneo di altri farmaci, potendo determinare un danno nel feto o ad esempio nel corso della guida. Per questo motivo Il Consiglio ritiene che i prodotti che in etichetta hanno la dizione di cannabis o cannabis light o cannabis leggera, qualunque ne sia la concentrazione ponga motivi di preoccupazione e chiede, in applicazione al principio di precauzione di non consentire la libera vendita di questi prodotti.
La Chiesa attraverso il Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, nel 2001 ha fatto una profonda riflessione su questo tema con un Manuale di Pastorale dal titolo “Chiesa, Droga e Tossicomania”.
Nel capitolo dedicato alla cannabis esprime con chiarezza l’effetto alienante :” La cannabis è un prodotto psico-sedativo che ha effetti fisici e psichici come la riduzione della vigilanza e della concentrazione. Favorisce certamente la distensione e talvolta uno stato di gratificazione che danno l’impressione d’essere a proprio agio interiormente e d’avere buone relazioni con gli altri. Ma quando gli effetti anestetici sono passati, l’individuo si ritrova con gli stessi problemi di prima, al punto di ricercare ancora di più il prodotto con la nostalgia dell’esperienza d’acquietamento già vissuta.[…] La ricerca di piacere diventa così il punto di partenza di questa dipendenza, senza dubbio nella segreta speranza di liberarsi di una difficoltà di vivere o delle preoccupazioni legate all’esistenza. In maniera illusoria, drogarsi significa in definitiva volersi mettere al riparo da ciò che sembra insopportabile nell’esistenza, per trovare più serenità. Ma questo atteggiamento crea un bisogno tale che la droga diventa un’ossessione, tanto da costituire una nuova inquietudine.”
Nella parte iniziale di questo documento viene citato tra i tanti, un intervento su questo tema di Giovanni Paolo II che nella VI Conferenza Internazionale su “Droga e alcool contro la vita”, diceva :” […] il drogarsi […] è sempre illecito, perché comporta una rinuncia ingiustificata ed irrazionale a pensare, volere e agire come persone libere. […] Non si può parlare della «libertà di drogarsi» né del «diritto alla droga», perché l’essere umano non ha il diritto di danneggiare se stesso e non può né deve mai abdicare alla dignità personale che gli viene da Dio! Questi fenomeni – bisogna sempre ricordare – non solo pregiudicano il benessere fisico e psichico, ma frustrano la persona proprio nella sua capacità di comunione e di dono. Tutto ciò è particolarmente grave nel caso dei giovani. La loro, infatti, è l’età che si apre alla vita, è l’età dei grandi ideali, è la stagione dell’amore sincero e oblativo»
Il Papa emerito Benedetto XVI nel dicembre 2007, parlando alla Curia Romana disse : “Se Lui viene a mancare, allora l’uomo deve cercare di superare da sé i confini del mondo, di aprire davanti a sé lo spazio sconfinato per il quale è stato creato. Allora, la droga diventa per lui quasi una necessità. Ma ben presto scopre che questa è una sconfinatezza illusoria – una beffa, si potrebbe dire, che il diavolo fa all’uomo”.
“Avanziamo dove il piacere guida ognuno di noi” è la citazione classica dal “De Rerum natura” di Tito Lucrezio Caro, ripresa da un azienda romana che vende piante ed inflorescenze di cannabis.
Vi è senza dubbio un tentativo di voler trovare attraverso la droga il piacere di vivere ma questo tentativo resta vano ed è evidente il fallimento di questa ricerca di piacere, avvolto su se stesso.
A noi tutti spetta la necessità di scoprire e far riscoprire qual è il vero piacere della vita: la riscoperta della bellezza che è in noi, la relazione con gli altri, gli affetti familiari, l’esperienza personale dell’ incontro con il Signore che riporta la pace vera del cuore .
Diceva Epicuro, il filosofo greco che riteneva che il piacere fosse il sommo bene: «Nessun piacere è in sé un male. Sono i mezzi usati per procurarsi certi piaceri che, alla fine, arrecano più tormento che gioia».
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